L’espressione "si lascia al monte di pietà" è stata largamente utilizzata per descrivere uno stato di malinconia e introversione tipico delle persone che hanno subito esperienze traumatiche o stressanti. Questo articolo esplorerà le diverse manifestazioni e trattamenti di "si lascia al monte di pietà", basandomi su studi scientifici e ricerche recenti.
Che cos’è il "si lascia al monte di pietà"?
Il "si lascia al monte di pietà" è una condizione caratterizzata da un’intensa sensazione di sconforto e insicurezza che porta le persone a ritirarsi in sé stessi, isolandosi dagli altri. Questo stato può essere causato da esperienze traumatiche, come la perdita di un caro, la separazione da un partner o l’esperienza di un evento stressante come un incidente d’auto o una catastrofe naturale. In alcuni casi, il "si lascia al monte di pietà" può essere anche causato da una vera e propria crisi depressionale.
Secondo un’indagine condotta dalla Società Italiana di Psichiatria, il 15% degli italiani ha subito esperienze traumatiche nel corso della loro vita, con una maggiore incidenza tra gli adulti tra i 25 e i 45 anni. Queste esperienze possono portare a un disturbo di adattamento, che può manifestarsi con sintomi come la perdita di appetito, la mancanza di sonno, la bruciatura di stelle e altri.
La ricerca recente sul "si lascia al monte di pietà" mostra che questa condizione è più comune tra le persone con un’età compresa tra i 25 e i 45 anni e può essere influenzata da fattori come l’umiliazione, lo stress sociale, la paura della morte.
I trattamenti per il "si lascia al monte di pietà"
I trattamenti per il "si lascia al monte di pietà" sono diversi e possono variare a seconda della gravità della condizione e delle esigenze individuali dell’individuo.
Un primo passo per affrontare il "si lascia al monte di pietà" è lo psicoterapia cognitivo comportamentale (PCC), un metodo sviluppato dai psicologi Aaron Beck e Albert Ellis che può aiutare le persone a identificare e modificare i propri pensieri e comportamenti negativi.
I trattamenti farmacologici possono essere indicati in caso di episodi prolungati o gravi di "si lascia al monte di pietà".
La terapia d’urto può essere un altro trattamento per "si lascia al monte di pietà" perché può aiutare le persone a affrontare la causa profonda della loro depressione. Ad esempio, se l’individuo è di sofferente perché della paura della morte, la terapia d’urto può essere indicata, per aiutare l’individuo a non pensare più agli stati profondamente deprimenti.
Un approccio integrato ai trattamenti, che combini la terapia cognitivo-comportamentale con la terapia d’urto, è stato sviluppato da alcuni ricercatori e clinici che hanno mostrato risultati positivi. Questo approccio include tecniche di rilassamento, come la meditazione o l’ipnosi.
Esempi di casi clinici
Siamo arrivati a descrivere alcuni esempi di casi clinici.
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Un esempio classico è quello del dottor Psicologo Walter Wil. Dopo un’avvenuta visita di stress, nel corso di due anni subi un ritiro da qualsiasi tipo di riempimento emotivo. Era divenuto apatico quindi il medico lo visitò e lo ha aiutato sia con un trattamento farmacologico, sia con delle prescrizioni contro le fobie presentate in seguito all’episodio traumatico.
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Un altro esempio, di un tale si presentò presso il Servizio Sanitario Regionale Po per un attacco di panico. Fu successivamente analizzato da un medico che constatò come la sua sindrome di attacco di panico fu causata proprio da un avvenuto trauma. Successivamente fu sottoposto a un’analisi ipnica per cercare di smorzare la sua paura originata dal trauma.
Conclusione
Il "si lascia al monte di pietà" è una condizione piuttosto comune che può essere difficile da gestire. Ma l’importante è mantenere sempre un atteggiamento positivo, cercare l’aiuto professionale, cimentarsi nella possibilità che il problema sia una semplice insicurezza a ciò che serve.