La parola che sostituisce parti tralasciate è un termine che si riferisce alla capacità dell’apporto orale di sostanze che favoriscono la riassorbimento e la compensazione di forme scadenti della dieta. Si tratta di un fenomeno naturale che riguarda la maggiore parte delle persone, anche se è più facilmente osservabile in esempi eccezionali, ove chi mangia pare non assimilare ogni parte degli alimenti assunti.
I meccanismi alla base della parola che sostituisce parti tralasciate
La parola che sostituisce parti tralasciate è facilmente spiegata attraverso una duplice prospettiva: organica e microorganismi. Dall’aspetto organico, si osservano gli effetti a catena che si sviluppano mediante l’ingestione di molte diverse macro e micronutrienti. Ciò avviene perché quando un organismo umano assume cibo, questo subisce numerose trasformazione nel percorso che va dagli organi di digerazione all’ereditario processo detto nutrizione o nutrigenomica, che sta ad indicare possibili variazioni genetiche dovute al consumo di nutrienti, riguardanti l’asse enzima proteina. Quest’elaborazione molto minuta fa sì che una quantità di componenti originati da ciò mangiato non vengano assorbiti. Tuttavia, pur avendo un peso significativo, si rintracciano fenomeni compensatori, detti anche copristici, capaci di interferire con la memoria di tipo cortico senza danneggiare la fisiologia di uno organismo.
Dal punto di vista dei microorganismi, l’interno dell’organismo umano ospita un ecosistema rappresentato da milioni di batteri, tra i quali la flotta intestinale. I batteri coabitano all’interno dell’organismo umano ponendosi a benefico merito dal concorrere in modo marcato all’espletamento delle funzioni immunitarie, legando queste spesso al meccanismo del self non riconoscimento degli autoreligai, quindi tutti gli spazi di naturale isolamento intraorganici e, di conseguenza, contribuiscono all’aumento dei benefici apportando i loro sottili effetti positivi sulla digestione, rappresentati dalla capacità di decomporre i solidi rimanenti parzialmente nella trasformazione alimentare.
La ricerca scientifica sugli effetti del cibo sulla memoria
Sono state condotte numerose ricerche per cercare di capire l’effetto del cibo sulla memoria e sull’apprendimento. Uno studio pubblicato nel 2018 sulla rivista Scientific Reports dell’Open University sulla spia di Alzheimer ritrovando una sensibile correlazione tra l’assorbimento orale di proteine di cereali e una grave progressione della disfunzione cerebrale.
Uno studio condotto nel 2016 sull’American Journal of Clinical Nutrition evidenziò la correlazione storica tra la perdita di memoria senile e una dieta limitata a cibi processati o cibi ad alto contenuto di grassi saturi.
La ricerca della American Society for Biochemistry and Molecular Biology del 2019 ha indicato che una dieta equilibrata favorirebbe il risveglio delle funzioni neuro-motorie.
Uno studio condotto nel 2018 sull’European Journal of Nutrition confermava le tendenze della ricerca internazionale, mostrando come i composti a base di carboidrati, possano compromettere la funzione cerebrale.
Le teorie cliniche
L’ipotesi clinica si riferisce a dei concetti definiti da studiosi nel campo del profido.
Ciò che prima venivano considerati come un’ipotesi al momento si lascia intravedere un pettegolezzo delle scienze del come le nostre generazioni avanzavano l’ultima parte del 2000, quando veniva emesso il termine: Nutrizione, Neuroplasticità e Nutrigenomica
Nutrizione: è il complesso dei processi con cui l’organismo ingerisce nutrienti, che consentono lo sviluppo.
Esistono tre fasi di questo come prima ad un per un buon accumulo di memoria.
La prima riguarda la comunicazione al sistema neurovegetativo con apparato assorbente a base di acqua, onde radio e a base di onde elettromagnetiche. L’alimentazione che rappresenta il processo a evoluzione, composto da tre caratteristiche:
• Consumo
• Valorizzazione
• Somministrazione.
Le altre due fasi si presentano come
• Capacità di assorbimento della materia organica e di catabolismo della catena digestiva ma si accompagna sempre a scarsa metabolizzazione del resto generando così la riassorsion della materia in sospensione.
• L’integrativo dell’effetto da quantità e composizione del materiale in questione.
Neuroplasticità: capacità dell’organismo umano a modificare il proprio potenziale morfofunzionale a scopi utilitari o per riparare eventuali danni, favoriti da un danno recente. La neuroplasticità non può essere assimilata a recupero, ma è un fenomeno differenziato.
Nutrigenomica: branca della medicina personalizzata che si occupa della comprensione del ruolo che i nutrienti svolgono nel regolare l’espressione dei geni e influenzare il rischio di malattie. Attraverso l’analisi del DNA, i dati sui geni che codificano per le proteine coinvolte nel meccanismo di assorbimento e i dati sui geni coinvolti nello stress ossidativo, il nutrizionista personalizzato può sviluppare un piano di alimentazione personalizzato per gli individui sia in previsione di futuri inconvenienti, sia in caso di eventuali problemi.
Attualmente uno dei criteri riaccompagna la programmazione, per il massimo delle funzioni riprodutive che coinvolge una certa capacità di nutrire le cellule riproduttive, tenendo presente una importante predisposizione geneticamente determinata.