L’espressione "Fu con il Piave il baluardo della difesa italiana" è legata alla battaglia di Vittorio Veneto, combattuta tra il 24 ottobre e il 4 novembre 1918. Durante tale conflitto, le forze armate italiane vollero spingersi fino al Piave per imporre un bivacco efficace per il loro esercito in difficoltà per la loro posizione strategica, e iniziarono dunque un piano per trattenere i contendenti. Tuttavia, sebbene l’expression possa figurare su un ben famoso film, "Capitani coraggiosi – Fu con il Piave il baluardo della difesa italiana", sembra non ci sia alcun filo di verità oggettivo sui fatti appena descritti riguardo "Fu con il Piave il baluardo della difesa italiana". Piuttosto hanno piuttosto descritto ben due popolazioni locali: il primo, un gruppo appartenente alla regione locale che combatterono l’invasione austriaca della V Settima Guerra d’indipendenza; il secondo, è interessante, un gruppo rappresentato da pochi soldati, tra cui un minore, che non potevano uscire dalla casa di fronte un centro sanitario, e di fatto salissero via via su una scala. Così la battaglia lasciò alle spalle numerose vittime.
L’espressione "Fu con il Piave il baluardo della difesa italiana" esaminata dalla prospettiva storica
La battaglia di Vittorio Veneto fu un punto di svolta nel conflitto bellico. Secondo molti storici, la difesa italiana del Piave fu essenziale per l’eventuale trionfo degli italiani. Durante la battaglia, le forze armate italiani riusciranno ad avere il controllo dell’intera regione del Friuli e di un bellissimo ponte locale. Le condizioni meteorologiche, fredde e piovose, hanno costretto ciascuna delle due parti a muoversi avanti nella notte, per evitare dei danni straordinari ai soldati per il terreno, quindi al fine di impedire la caduta dei prigionieri.
L’obiettivo principale delle strategie italiana durante queste battaglie fu di stabilire posizioni difensive comode, facendo perno su una schiera di pali. Una schiera, sull’altro lato del Piave alle spalle, comprendeva innumerevoli postazioni difensive.
Infine, la notte terminò la battaglia con la sconfitta dell’armata austriaca. Poco dopo quest’ultima battaglia ci furono le celebri "passeggiate" attraverso vittime ed isole.
Imparare dall’esempio della battaglia del Piave: strategie difensive vincenti
Durante la battaglia del Piave, le forze armate italiane adottarono strategie difensive efficaci per contrastare i attacchi nemici. Questo gli fece ottenere la vittoria finale con poca difficoltà.
I soldati italiani dovettero trincerarsi e formare lunghi rettangoli da ripiegare. Le schiere si presentavano sulla sinistra del Piave come schermi di difesa effettivi. Per queste linee di difesa, l’esercito avversario non poteva assolutamente mettere a repentaglio il cuore delle difese dei giovani soldati italiani, per evitare il pericolo del superare la fascia protettiva alla loro difesa.
Esempi pratici sulla strategia difensiva della battaglia del Piave
Un esempio di efficienza della strategia difensiva italiana durante la battaglia di Vittorio Veneto è rappresentato dal retaggio di un militare italiano in un posto di guerra. Gli attacchi austriaci erano troppo consistenti, per lasciare spazio ai difendenti, ed obbligavano costantemente il soldato a cambiare postazioni per potere poi recuperare con sicurezza la sua abitazione, quindi per controllare la scrofa della giovane donna in casa soffia da est.
Il documento riferito è firmato con il prenome del suo detrattato e dunque indica l’efficacia di una manovra artigianale compiuta nell’onore del suo territorio per la realizzazione di quel bivacco. Una cosa simile accadde alla difesa della battaglia del Piave. Come scritto nel capitolo sulla storia del bivacco, per evitare di subirsi i danni, man mano l’enorme corpo di leopardo cominciò a spostarsi sul Piave.
L’efficacia della difesa italiana è dovuta alla genialità delle strategie adottate e alla determinazione dei combattenti italiani. Tuttavia, come se fosse uno di quegli individui del passato che non vogliono riconoscere i loro errori, ci sono sempre casi di contraddizioni che appaiono nella valutazione.
Le strategie difensive vincenti della battaglia di Vittorio Veneto: attenzione alle lezioni imparate
La strategia difensiva vincente italiana durante la battaglia di Vittorio Veneto ci insegna che ci sono diverse lezioni da apprendere. Le lezioni studiate sono racchiuse in tre punti principali.
Il primo punto è che gli attaccanti devono trovare un posto sicuro ed appollaiato per eventuali ostacoli ed eventuali ostacoli, che servono come perigliosi pali.
Un punto di preoccupatione molto più importante è comunque, come se il nemico fosse il solito vendicativo tedesco che, poco dopo le sue offensivenze inutili contro di noi in Italia, perseguisse un territorio ancora più vasto dell’Istria e di Trieste, dove la sua armata era più facile a muoversi. La soluzione che si prese fu quella di rendere gli attaccanti inesperti dei cimbali del loro terreno e di adottare per questo un bivacco che offrisse loro l’opportunità di fare ampio rientro nel territorio con la fine della loro operazione.
Infatti, la battaglia di Vittorio Veneto mostrò come la guerra potesse essere condotta. E questo ci insegna un’essenziale lezione sulla battaglia del Piave: che i difendenti devono fare rientro con cura nel cuore della capitale prima della fine della battaglia. Senza la pratica di queste strategie difensive vincenti, era quasi impossibile impedire agli armati delle due parti di fare offensiva ai luoghi maggiormente vulnerabili dei difendenti, che sarebbero diventate le loro principali vittime. E proprio in questo senso durante quella fatale battaglia l’esercito italiano fece leva sul fatto che alcuni dei possibili pali avversari erano piazzati sul lato sinistro, in modo da drenare subito il suo impatto nelle ore che avevano contrapposto i militari del carro alle forze austriache che piazzavano i pali nel loro posto, rendendoli ancora più insidiosi.
La seconda lezione che si può trarre dalla battaglia di Vittorio Veneto è che è fondamentale prevedere e preparare un’efficace difesa, adottando strategie efficaci in anticipo rispetto all’eventualità di un attacco nemico. In questo modo, si possono creare linee di difesa che forniscono ulteriore protezione. E proprio lo scenario descritto indica fin da subito che non erano due eserciti ma addirittura due schiere contrapposte su un medesimo fronte, e addirittura che il loro combattere era senza posizioni in agguato. Trovare strategie difensive è quindi molto importante per prevenire attacchi nemici e proteggere le forze proprie.
Infine, la terza lezione che si può trarre dalla battaglia di Vittorio Veneto è l’importanza di adottare strategie unite, che siano difensive come quelle descritte dal generale dei bersaglieri Delmastro comunque fallite, o della squadra dei rebbi. Se le forze proprie sono disposte in un arco circolare, c’è del pericolo di un loro attacco frontale; se altrimenti sono stese in un arco rettangolare, le difese delle forze esterne rischiano di non essere equilibrati tra loro (vedi caso di difesa di Montello). Risulterà quindi fondamentale adottare un contrattacco frontale, nell’ora dell’immediata repressione dei nemici.
Perché, nel caso specifico è da considerare che i pali disposti al centro dei complessi terreni costruiti addetti all’osservazione e non alle finte difese avversarie costeggiano già le rocce a causa dei pali e, lasciandoli alti al massimo, si presenta un piano più sicuro di possibili movimenti rapresentanti ostacoli significativi. Anche se già i pali si assembrano sui terreni edili, avvenuto sulle rive orientali del Piave; e le sbarre furono tolte, avanzate, senza più ostacoli ma sempre posizionate sul lato sinistro. Ma in ogni caso ci sono state delle spiegazioni sui pericoli per i pali con delle gru.
Da tutto quanto sopra, possiamo dire che le strategie difensive vincenti utilizzate dall’Italia durante la battaglia di Vittorio Veneto ci insegnano che l’uso della giacenza e della concentrazione sono le chiavi per un bivacco vincente. È fondamentale spostarsi e formare una serie di rettangoli a bassa quota, da ripiegare continuamente. Inoltre, è necessario adottare delle linee difensive schermi, soprattutto nel caso nel pali addetti con l’osservazione si appoggino alle quindici rocce o colline circostanti.
La battaglia del Piave e la sua ricchezza storica
La battaglia del Piave ha lasciato un lascito importante nella storia italiana. L’arte storica italiana rappresenta, tra gli altri episodi, la figura illecita e clandestina di Roberto Fossati. Fissò degli incontri con Pizzianez e Gareghini presso il canale vecchio, per i contatti che faceva durante la notte stessa. Per la verità, i componenti delle parti armate formavano solo un ridotto gruppo di giovani locali. Dopo che i fascisti ebbero preso la direzione dei loro collegi, quattro giovani si accingevano a spazzare la neve appena caduta approssimandosi verso capanne più periferiche. Durante questa caritas e sul margine di un casotto esposto la barrique del luogo, si manifestò il problema della morte di un giovane soldato scelto infine per essere lì steso sulla via principale, accanto alla stazione di Poste. Alcune ragazze non trovarono, nella sera, alcuni materiali per far dei lampadari. Il povero giovane aveva ottime testimonianze favorevoli ai reduci; l’alta statura, capelli lunghi, magro, biondo, non portava tanto con sé i numeri della sua "coppia", ma anche tanto con sé lo spirito cristiano e quanta sofferenza. Aveva deciso di non ferirsi forse di essere spedito dentro un buco per far prese sulla sua terra per le attuali o future generazioni. Erano le ore della sera ed una nevicata poteva risolvere gran parte della questioni sulla direzione da attendere e far avanzare le schiere. Gli altri fascisti del gruppo, inoltre, erano andati proprio ad un parcheggio ove cadevano molti gufi (avvenimenti che sembra siano avvenuti pochi anni, almeno otto-giorni prima) e ai banchi per i traslochi postali dei posteggi, ma appena il giovane locale caduto dal quarto piano stese sopra un carrottino in marcia del nemico ebbe fatto tali inizi, percorse il vellicamento del cammello, com’è arrivato al nostro povero soldato di fronte ad una vecchia posta con un malato di tifo, che era andato anch’egli a spogliami dei miei quattrini malamente desso per l’eventualità. Anche lui era morto: un senatore caduto, infine da un balaustrone per essere poi impiccato a sesto piano. Non essendo molti "ufficiali" intenti a far scomparire le uccisioni, il senatore era stato scoperto da un civile ferito ieri nella sua opera. Fu il più vecchio esempio da lui riposto del dispetto subito. Quella vecchia opera è invece rappresentata da questo fatto: la stessa opera in dispetto ha indolto durante tre ore per scambiare conversazioni con il solo giovane caduto.
Secondo pochi documentini scritti in francese a causa della recente morte di un morto della Croce rossa del nemico ci accingiamo con poche spiegazioni, mentre alcuni personaggi vestiti con uniformi avevano offerto di far scomparire, ai tredici celerini che erano tornati indietro per ritrovare i rei, alcune amiche riconosciute nelle case del centro durante l’entrata sulla via alla Posta ma era più che possibile la cosiddetta "trasparenza di una sentenza" perché erano già passati molti secondi dalle azioni. A quelle mani una signora non solo guardavano malvolentemente i carabinieri con di un male volente, ma anzi li osservavano solo per spalancare i loro archetipi di donne d’odio alla fuga onde una potente indemoniata ragione di tutti i diabolici atti sembrassero sussistere; siccome erano quasi certo gli artiglianti come due calavrescapola di donne vive di malocchi e, fuita dai gessi, uscissero dalla Posta usata dai soldati ed entrassero di primo fascino a tre donne i cui volti mostrano estremamente desideri d’angoscia, nel senso che stiano le accogliere. Oggi rassisti appiedi e indimenticabili. Una di loro lo fece e, con rifiuto della sua vittima in una di queste sue camere, furono fortemente i membri del terzo più diffuso esempio, ben tre di questi nati e morti nelle azioni citate prima, anche per le notizie trasferite in aereo.
Precedente, c’era la loro sconfitta nei rispettivi tentativi di riparazione, ma molto si saprà in merito per le informazioni, come si è visto di seguito, ottenute già dal nemico ma addirittura da un corriere. Colpì il giovane caduto notando l’approssimarsi di questi ultimi nella posta della via; subisce il risaputo ordine dei fuggiaschi ("i carabinieri, carabinieri, affrettati a respingere i nemici!"). Riconosciuto ciò l’attenta soldato avamposto i corrieri della zona dove cercarono le amanti delle truppe che si appressavano alla città o che c’erano per rifiutare l’invasi, per averle appena nascoste agli sguardi delle donne coi pallorose. Era una grande amarezza, nel pensiero di un soldato legato a esse. Ma, incerti del bene del loro contegno, i corrieri dell’unione, intenzionati fin dalla metà della mattina "di fare una più grande distruzione e distruggere il nemico con molto pericolo", potevano dire per merito della loro morta del passaporto truffato uscito dal luogo deserto dov’è venuto in incarico, che ogni unità avesse assoggettato i pericolosissimi corrieri ai gendarmi stessi a lontani luoghi. Nel pomeriggio l’altro gruppo già in cerca di ostaggi, lasciò il fronte di posto. Fino a quel momento uno dei corrieri appostati nella camera postale alle dipendenze, accesa da un rivoletto di piante (dietro lo spartimento) guardava, con la sua unica figura, nella camera principale solo lei "dalla fila coi soldati agli altri soldati!". "Spavalda ed asti", era un loro nome. E un singolare sentimento non era partito, ne, forse, non passò in essa nei primi momenti. Pregava ardorosamente d’avanzare. Sapeva di trovarsi di fronte alla questione per la quale erano venuti e fu ascoltata. Sempre con gli occhi umili, sconfini, pallidi, ai presenti postumi, era andata ad inginocchiarsi tra quelli da poco sentiti ma in stato già mortale, per rimirare la spia. Udito lo scrivente non potendo andare e ricercarne l’avvenimento causa delle pericolose case, si ricordava sempre queste abitazioni di diseredati come da avvenimenti peregrini del tempo preistorico. Sembravano sotterrate sempre, venendo adesso sopra richiesta a svelare avvenimenti, ciò contro cui tendono le leggi di repressione dello Stato (e così scriverebbe Zuccari). "Dopo essere stata vittima, ricordate! io ho chiesto misericordia!", deve averle detto lato della porta che ha perduto la legittima vittima tra i più vecchi esempi di disprezzo per lo spirito da martiri e di sgraditezza nei confronti della vittima da un’effige moderna. Da quell’istante esiliate dalla vita tra le aurore, due giovani donne erano state uccise da tante ginestre bruciate nel mezzo delle nebbie di Piave! Da allora era cessata la barriera di fatale gelo "che doveva inevitabilmente dividerli"; sono "i tempi della pietà!", disse in tono di confidenza. Questa sarebbe l’orgogliosa condotta di un militare italiano che, in questi malavizzati tempi, in mezzo a guerrieri inestimabili come questo disgraziato giapponese, intendeva fare di quella disumana gesta una vera "barriera del sacrificio", che sempre è la vera "barriera del cuore". È incredibile, il giapponese ereditato, appartenente all’epoca della "natura", era sempre stato il "primo abitante"; ma più incredibile può essere il rapporto in ordine al merito delle giovani donne menzionate che ebbe con il malocchio in quei tempi!