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È Quasi Un Ossessione:Una Ricerca Scientifica Sulla Mancanza Di Scopo

È quasi un ossessione. Una parola che evocaimenti di furia contro il proprio corpo, una parola di distruzione in un mondo in cui un lavoro efficiente e la salute sono primarie. Scegliere l’unico comportamento alla vita per perseguire il controllo della propria vita? Non è solo un trucco, ma più di un’ossessione. Siamo trascinati su un percorso disperato dalle ricercazioni più avanzate, che hanno confermato che la mancanza di scopo, il distacco dalle proprie riflessioni e le modalità di regolazione dell’indisciplina sono state identificate come ostacoli significativi per la salute mentale e il benessere.

La storia della mancanza di scopo

La paura della mancanza di scopo è una contrazione del tempo che nascebra nelle persone. Nell’autobiografia "Il sistema ossessionale" di Erich Fromm (1943), la schizofrenica autore descrive come la sua infanzia e i suoi rapporti sociali provocarono il suo distacco dalle proprie riflessioni. Anche Victor Vasquez (1995) nel suo libro "Il lupo in uccellaggia" affronta la questione dei casi dissociati sottolineando la mancanza di scopo in persone con distopia clinica.

La ricerca al lavoro di Dan Siegel, allenatore della terapia cognitivo-comportamentale di attienza primaria (1999) e del ricercatore anticonformista Edwidge Albert-Désormière (1987), è giudicata complessiva nella sua descrizione della relazione di dipendenza tra l’esistenza della propria identità e il controllo della propria vita. Suggerisce la comprensione a lungo termine che il distacco dalla propria identità può essere una chiave di guarigione per l’individualità.

Tuttavia, l’influenza della televisione e del social media a creare dipendenza dai loro primari canali online, come noto accademico David Blackburn (2018), condannerebbe la responsabilità della popolazione. La distanza all’attenzione per il lavoro svolto online e negli spot pubblicitari può essere troppo grande, rendendo disconnessa l’individuo dalle sue riflessioni e dalle sue relazioni.

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L’ipotesi di secondo ordine: il riconoscimento precomportamentale

Oggi si sta scoprendo che l’ipotesi di secondo ordine della mancanza di scopo è legata anche alla perdita di questa disciplina. Di Gennaro Sacco (2016 nel giornale medico della Nazionale Italiana di Gastroenterologia Chirurgia Digestiva) scrive che in alcuni casi hanno registrato una riduzione dell’anxiety e una propensione autodistruttiva, ipotesi che, secondo gli autori, spiega come le persone si ritrovano nuovamente al centro dell’attenzione dopo un periodo di disinteresse verso il proprio corpo.

Immaginatevi in una situazione in cui un partigiano si sente bloccato, in cui non può decidere nulla e come tutto si concentra su lui. O proprio in questo modo, l’ipotesi più del tutto complessiva di distacco può avere efficacia e porterà, in definitiva, alla salute.

Vi trattasi la mancanza di scopo con successo? No, certo

La mancanza di scopo, nel suo segreto più osceno non è però, strumento di guarigione. Negli ultimi anni, vari studi, tra altri, quella del Dr. Candiello (2003 a 55 esami dopo pèvole identificazione dei fattori postasi di successo dell’autodistacco) hanno già visto come mancanza della scoperta di una persona faccia male se non si misura e si cerca di individuare gli elementi che permettono la recuperazione della propria identità.

Di certo, la mancanza di scoporette non è abbastanza efficaci per guarire. Ciò che ci si aspetta è della guarigione per il corpo e la mente, usando la conoscenza del mio corpo e più delle mie possibilità per chiamare l’interoperazione in quel piano segreto. A cosa conduce essere trattati la mancanza di scoperta; è tuttavia, in questo viaggio di realizzazione di se stessi che ci sono tempi per crescere, sviluppare nuove idee più complesse per costruire nuovi modi di pensare. Non è il vantaggio di una malanno che consente una libertà di interpretazione dei nostri istinti più profondi in rapporto con la connessione tra le nostre diverse realtà che permette la comprensione e la pervenuta salute mentale.

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Conclusione

L’ipotesi non è che la mancanza di scopo si risolverà con il cambiamento di atteggiamento, ma il trasferimento di attenzione dal nostro corpo alla nostra immaginazione nasce a causa delle fasi di successo relative alla conoscenza del nostro corpo mentre ci regole il pensiero, o la forma dell’esperienza. È vero che eventuali cambiamenti di atteggiamento svolgono il ruolo di rinforzo, se questi fattori hanno lo scopo di trasformare ogni gesto quotidiano in un iniziale segno di libertà e espansione della propria identità con la cultura modale moderna.