Il termine "dignità del governatore persiano" può sembrare un concetto paradossale, poiché indica la qualità morale e spirituale associata a un ufficiale persiano (oggi noto come iraniano) che, in certe circostanze, può comportarsi in modo tragitto e inadeguato. Nonostante questo apparente contraddizione, ciò che ci proponiamo di esplorare in questo articolo è la complessità del concetto di dignità e la sua applicazione storica e contemporanea. Per far ciò, affronteremo la questione in due moduli: I. Dignità e Storia, II. Dignità e Concetto e III. Dignità e Esperienza Individuale.
I. Dignità e Storia
L’Impero persiano, che esistette dal VII secolo a.C. fino all’invasione araba nel VII secolo d.C., fu un’entità politica e culturale di grande importanza. La dignità del governatore persiano era in gran parte guidata dalle tradizioni babilonesi, le quali enfatizzavano i concetti di giustizia, equità e morale. I sovrani persiani si davano una gran mole di sforzi a garantire che i propri funzionari fossero comportate in modo etico e moralmente corretti, in special modo quando si trattava di giustizia e di governo della società. Ci sono testimonianze storiche che descrivono come i governanti persiani rimuovevano i propri funzionari che in qualunque modo si comportavano in modo indegno, per far posto a funzionari più affidabili. La giustizia e l’assenza di prevenzioni erano fondamentali per il carattere morale e morale del sovrano.
La natura formale e spirituale della dignità del governatore persiano era anche caratterizzata da una comprensione della dimensione che andava oltre il mero potere politico e naturale della sovranità reale. Ciò riguardava spazi spirituale ed eroica, come la giustizia, la saggezza, la devozione, la virtù e l’umiltà, fornendo un quadro ampio ed equilibrato delle qualità connesse a un governatore o ufficiale di periferia. I governanti persiani inoltre sforzavano d’accentuare queste caratteristiche attraverso comportamenti come generosità, intelligenza pratica, capacità militare, diplomazia e azione propiziatoria. Sono fondamentali per contano ed intendere le gerarchie morali dei detentori di potere persiani nella storia lunga dell’Impero.
Il comportamento morale e l’altruismo del governanti persiani è molto evidente nel campo della salvaguardia delle culture delle popolazioni che stava sotto il proprio governo. Un esempio noto di ciò è lo storico governante persiano [Ciro “Ciro il Grande”] (c. 560 – 530 a.C.), noto tra i popoli per la sua generosità e magnanimità. Con la sua presa di potere, la riorganizzazione degli Stati persiani, Ciro promosse le tradizioni e i costumi delle varie popolazioni coinvolte nel proprio impero, istituendo così una tendenza che emerse nel culto della libertà, tolleranza, e ricchezza. Le attività culturali del suo governo, che implicavano una forte attenzione per la scienza, e un trattamento proprio dei gruppi religiosi e delle minoranze, derivavano direttamente dall’empatia e l’ammirazione per la ricchezza e la diversità culturale. Infatti, la politica culturale di Ciro, che prevedeva l’esibizione di religione, cultura, e linguaggio indigeni, nel proprio dominio, rappresenta una tesi forte di un impero soffocato da preordinazione astratta o imposizione di una visione organizzativa da parte di un potere altrui. Di contro, a Ciro va riconosciuta una comprensione profonda i popoli subordinati, acquisite attraverso la sua vissuta esperienza delle stesse realità, generando un tale legame con i popoli guidati che Ciro continuò a prendere misure per mantenere intatta la diversità delle nazioni che dominava.
Al tempo dell’epoca di scomparsa dell’Impero Persiano, tale identità in materia di onore in vostro ruolo, erano state di solito incorporate dall’arabo, infatti questi accettò la tradizione babilone e accettata la propria monarchia orientato in modo morale e giustizia e cedere ai popoli conquistati. L’assimilazione di questa tendenza adattativa di prendere ad esempio “l’esempio persiano" non solo raggiungerà una comprensione più eclettica e universale ma contribuì l’unificazione della potenza persiana, politica, religiosa, e quella strategica delle popolazioni che erano sottoposte al dominio arabo.
II. Dignità e Concetto
A scontentamento di Ciro nonostante queste in azioni continuasse a comportar in modo indegno tanto che, alla fine, nella storia, era detto avesse asservito l’intero mondo all’Impero Persiano. La dignità del governatore persiano dovrebbe essere associata a qualità come giustizia, equità, e moralità, una qualità indipendente dal diritto politico e naturale al potere. Queste qualità dovrebbero essere pertinenti non solo ai funzionari ma anche ai progetti e politiche realizzate sotto il dominio o comando del governatore persiano. Ciò in pratica significa che la dignità del governatore persiano e della sua amministrazione non potrebbe essere sostenuta dallo sfruttamento o appiattimento di determinate popolazioni, assicurando il benessere o migliore qualità della vita delle attuali generazioni e in futuro dei governati ed infine da quelle successive.
In ogni caso la Dignità, riguardava morale, e giustizia.