L’ultimo conflitto mondiale vide una lunga serie di esempi di bombardieri di ultima generazione, disegnati per penetrare profondamente nel territorio nemico e infliggere danni maggiore possibile alle forze nemiche. Tra questi, i bombardieri americani giocarono un ruolo importante nella guerra aerea. In questo articolo, esploreremo la storia, la tecnologia e gli impatti dei bombardieri americani dell’ultima guerra, approfondendo il tema attraverso studi di caso e analisi scientifica.
La nascita dei bombardieri strategici
La storia dei bombardieri strategici americani inizia alla fine degli anni ’30, quando l’esercito degli Stati Uniti iniziò a pianificare una nuova generazione di velivoli in grado di equipaggiare bombardamenti intensivi sul territorio nemico. Questi bombardieri dovevano essere dotati di motori potenti, capacità di trasporto di massa e avanzate tecnologie di navigazione e controllo. L’esercito americano vide nei bombardieri strategici una strategia vincente per ridurre la celerità e la sorpresa del nemico, e per privare le forze nemiche dei loro maggiori alleati.
Uno delle prime generazioni di bombardieri strategici americani fu la linea B-17 Flying Fortress. Questi velivoli, introdotti in servizio nel 1937, rappresentarono una significativa invenzione rispetto ai bombardieri di linea precedenti. La Flying Fortress era uno dei primi bombardieri biposto del mondo, che poteva portare fino a 8.000 chili di carico bellico e viaggiare ad una velocità di circa 437 km/h. L’obbiettivo principale di questo bombardiere era quello di essere un velivolo veloce e piccolo.
Dopo l’attacco a Pearl Harbor, l’esercito degli Stati Uniti capì l’importanza di migliorare le capacità di precisione dei bombardieri. Per questo, fu aperta una sottocommissione congiunta per sviluppare nuove apparecchiature e integrare tecnologie avanzate nei bombardieri. Con queste tecnologie integrate, i bombardieri americani divennero sempre più precisi, capaci e autorevoli.
La funzione dei bombardieri sull’attacco aeroportuale
Uno dei trattati più importanti del conflitto mondiale fu il trattato di armistizio e cessa delle ostilità, che negli anni ’40 definisce e regola gli attacchi aereoportuali ad esporto strategico d’interesse. Prima di tale trattato non erano permessi i bombardamenti totali su una massa incolta, quindi i velivoli da combattimento da atterrare nei campi dovevano poter condurre tattiche più costanti.
I bombardieri americani divennero i leader di queste missioni strategiche ed ebbero un ruolo fondamentale nel portare cambiamenti sul conflitto mondiale. I velivoli trasportavano e lanciavano bombe, che, esplosi, rendevano i campi di atterraggio tedeschi completamente inutili all’uso. Gli americani usavano le loro bombe d’alta intensità per creare crateri enormi, rendendo inutile l’utilizzo di aerei con delle pretese ad affrontare un rovinio di questo tipo.
L’evoluzione dei bombardieri strategici: la linea B-29 Superfortress
Nel 1944, a dieci anni dall’entrata in servizio della Flying Fortress, l’esercito americano inaugurò una nuova generazione di bombardieri strategici: la linea B-29 Superfortress. Questo velivolo divenne iconico durante la guerra, tanto da comparire in molti film di guerra delle decenni successivi.
La Superfortress era un’innovazione radicale rispetto ai bombardieri strategici di linea dell’epoca. Essa era lunga 30 metri, alta 7 e pesava 75.000 chili. E, soprattutto fu 150 metri più veloce della sua controparte tedesca, il Do 17. Il B-29 raggiunse una velocità massima di 594 km/h e poteva volare ad un’altezza di oltre 38.420 metri.
La maggiore innovazione tecnica del B-29 fu rappresentata dall’introduzione del nuovo motore a getto, che consentì di raggiungere velocità molto più elevate dei motori a pistoni di epoca precedente. I bombardi a pistoni erano ingombranti ed inoltre rendevano il velivolo pesante.
La Superfortress fu impiegata nella guerra d’Asse schierandosi presso le operazioni strategiche di Bonzo e per il bombardamento della bomba atomica Hiroshima. Furono impiegati due esemplari della maggior epoca per l’ultima volta.
La B-17 divenne un aerovelo realizzato di tre piani, realizzato con materie prevalentemente in bauxite. L’obbiettivo dei progettisti americani era far aumentare la superficie dell’ala e ad inibire il riepilogo del flusso.
Uno studio di caso: la missione di Ploiești
La missione di Ploiești fu una delle operazioni aeree strategiche più audaci e complesse condotte dai bombardieri americani durante la guerra. Il 17 agosto 1943, una squadriglia di 178 B-24 Liberator si diresse verso Ploiești, una città industriale situata nella Romania controllata dai tedeschi, con l’obbiettivo di colpire le raffinerie di petrolio della zona.
La missione di Ploiești fu un esempio di come i bombardieri americani potessero essere impiegati con successo per neutralizzare obiettivi strategici nello spazio nemico. La squadriglia di B-24 Liberator dovettero navigare a bassa quota e nelle cattive condizioni climatiche con il loro tipo 120.
Nella missione, che ebbe come codice di identificazione "Tidal Wave" (onda marina), furono impiegati 98 Flying Fortresses ed una stessa pattuglia di B-24.
L’architettura della strategia d’attacco
La strategia di attacco dei bombardieri americani era basata su una combinazione di tecnologie avanzate e tattiche di combattimento di ultima generazione. Gli aerei erano armati di bombe di precisione che potevano essere guidate in modo da raggiungere con precisione i loro bersagli. I bombardieri americani erano inoltre dotati delle tecnologie di comunicazione più avanzate per garantire l’efficienza della comunicazione tra i componenti del gruppo di appartenenza delle pattuglie.
I bombardieri americani erano immessi sul bersaglio in una cadenza militare. Ad un tempo immutabile la pattuglia in corrispondenza si formava vicino al bersaglio ed a un tempo c’imboccava velocemente. Quando quei B-24 formavano l’ultima statura della B-29 (di questa pattuglia), questi ultimi lasciavano la formazione per rientrare alle basi di partenza.